Start making sense


Per scrivere e disegnare fumetti, come per fare qualsiasi altra cosa, bisogna studiare.

Nelle ultime settimane ho iniziato a darci dentro in vista della prossima storia e mi sono imbattuto in un paio di passaggi che mi sembrano riassumere bene ciò che sto provando a fare, da anni, e che continuerò a tentare di realizzare, in futuro, con i miei piccoli racconti disegnati.

Il primo è una riflessione di un pittore delle mie parti:

Riccardo Brambilla, "Lungo le rive dell'Adda"

“La gente del mio paese, vedendomi nei giorni di sole attraversare le campagne o salire i sentieri delle colline carico dei miei attrezzi di pittore, confidenzialmente mi saluta e spesso si felicità con questa frase: “Sempre in gamba, professore, al suo divertimento.” Nessuno, neanche lontanamente, pensa che io mi accosti alla bellezza di questi paesaggi quasi con un senso religioso, e che il mio divertimento è il mio lavoro, che raggiunge talvolta l’ansia di una corsa verso un traguardo che si allontana sempre innanzi al mio cammino come l’ombra di chi ha il sole alle spalle!
Riccardo Brambilla, "Intermezzo"

Il secondo è un estratto da un bellissimo libro che, con tutta probabilità, si rivelerà una base teorica fondamentale per la prossima storia:


"Un epilogo è opportuno. Da molti decenni vige in letteratura la tendenza a sbarazzarsi del racconto, e lo stesso indirizzo domina la cinematografia più sofisticata. I fumetti conservano elementi tradizionali, ma li sviliscono in un continuo fuoco d’artificio di effetti immediati. Le fiabe di vecchio stampo si dileguano, anche se a volte possono essere usate negli istituti psichiatrici per il loro valore terapeutico. È vano deplorare questo fenomeno in un mondo in via di rapida trasformazione, che ci fa vivere con aggeggi ultrasofisticati nei solitari scompartimenti dell’esistenza individuale. Il motto “stop making sense” accompagna degnamente la scomparsa del racconto."
Walter Burkert, "La creazione del sacro"